I socialisti bene intendono che, non ottemperando a questa funzione tutelatrice, finirebbero per essere soppiantati da altre correnti verso cui fatalmente graviterebbero le forze sindacali e cooperative. Inoltre, nelle esperienze dell’immediato dopoguerra, si sono resi conto che, comunque la si pensi in argomento, il momento di sfidare la borghesia sul terreno della forza è ben lontano dall’essere giunto; essendo il proletariato, come forza politica, ancora una minoranza, meglio vale richiamarsi esplicitamente ai diritti che il liberalismo borghese riconosce alle minoranze. Ma il piú grande ammonimento è venuto ai socialisti dall’esperienza comunista. Il sorgere, alla loro estrema ala sinistra, di un movimento che nega ogni diritto di espressione e di vita alle forze socialiste in nome della dittatura, e la persecuzione che i socialisti hanno subito in Russia, ha dimostrato loro froebelianamente il valore essenziale, intrinseco, non solo come strumento, ma come clima, della libertà e delle istituzioni democratiche. Trotsky, dal suo forzato esilio turco, che impreca contro la tirannia di Stalin e la dittatura di un pugno di burocrati, dopo aver irriso per tanti anni le libertà «borghesi» e i metodi democratici, non è forse la piú consolante riprova della vitalità insopprimibile della esigenza liberale?
Qualche anno ancora e l’adesione socialista al metodo e al clima liberale – adesione esplicita, integrale, definitiva – sarà un fatto compiuto. Rimarrà allora un ultimo passo da compiere perché i socialisti entrino nella logica e nello spirito del liberalismo; passo anche questo inevitabile, ma che richiederà lungo lavoro di educazione presso le masse: e cioè che i socialisti riconoscano che il metodo democratico e il clima liberale costituiscono una conquista cosí fondamentale della civiltà moderna, che dovranno rispettarsi anche e soprattutto quando sarà padrona del governo una stabile maggioranza socialista, anche quando i punti essenziali del programma riformatore saranno sulla via di essere realizzati.
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