Il cattolicesimo italico, ammorbato dalla corte romana e dalla passiva unanimità, rimase estraneo anche al processo di purificazione che seguí la Riforma. Il cattolicesimo in terra di monopolio non ha nulla a che fare col cattolico in terra di concorrenza.
Per secoli vivemmo, nel mondo della politica, di luce riflessa e stanche e frastagliate ci arrivarono le grandi ondate della vita europea.
La stessa lotta per l’indipendenza fu opera di una minoranza, non passione di popolo. Solo alcuni centri urbani del settentrione parteciparono attivamente alla rivolta contro lo straniero. Nel centro e nel meridione i Savoia, passato il primo periodo di entusiasmo, equivalsero al Lorena e al Borbone.
La burocrazia piemontese avvolse nelle sue spire ordinate ma soffocatrici tutta quanta l’Italia, spegnendo gli estremi aneliti di autonomia. Il trionfo della corrente monarchica e diplomatica valse, come in Germania, a separare violentemente il mito unitario da quello libertario. Mazzini e Cattaneo furono i grandi battuti del Risorgimento. La stessa libertà politica, che verrà lentamente col passare dei decenni, sarà figlia di transazioni e taciti accomodamenti. La conquista della libertà non è legata in Italia a nessun moto di masse capace di adempiere ruolo mitico e ammonitore. La massa fu assente. Il proletariato non si conquistò le sue specifiche libertà di organizzazione, sciopero, voto, a prezzo di prolungati sforzi e sacrifici. Il suo tirocinio, attorno al ’900, fu troppo breve; e il suffragio universale apparve, e fu, calcolata elargizione paternalista.
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