Nessun italiano, per incolto e misero che sia, può ignorare il fascismo e i problemi di vita e di morte dal fascismo sollevati. L’ultimo infelice bracciante della Calabria può oggi soffrire e sperare per la stessa causa che fa soffrire e sperare il piú raffinato intellettuale e lo stesso industriale moderno del settentrione. Attraverso tanti patimenti e umiliazioni la coscienza del valore della libertà sta sorgendo in modo drammatico in vaste zone del popolo italiano. Gli italiani sono forse psicologicamente piú liberi oggi, in questa lotta disperata per la conquista delle autonomie essenziali, di quel che non fossero ieri con lo pseudo Stato costituzionale giolittiano e le migliaia di associazioni indipendenti.
Ciascuno vede il problema – com’è giusto – attraverso la lente del suo interesse e del suo partito, ma il fuoco va diventando unico: la libertà. Gli stessi comunisti, nonostante tanti facili scherni, si vedono costretti a spiegare la dittatura in termini di libertà. L’oppressione fascista prepara l’unità morale del popolo italiano.
Qual è la posizione dei socialisti di fronte al problema della libertà? La dottrina marxista cui in maggioranza ancora aderiscono permette loro di giungere ad una visione integrale della questione italiana, con quella assolutezza ideologica ed etica che è premessa indispensabile per un serio moto rinnovatore?
Non direi. Il socialismo marxista ignora la libertà. Esso assegna alla libertà un valore tutto relativo e storico. Scambiando la sua essenza esterna e immutabile con le sue transeunti manifestazioni, nega addirittura la libertà e non vede che le singole, concrete, provvisorie libertà di classe, truccature piú o meno sapienti degli interessi di classe.
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