Per esso il problema, fondamentalissimo, della libertà morale dell’uomo, non esiste neppure o è tutto e solo in relazione alla soggezione degli uomini al meccanismo economico. Gli uomini di Marx sono, dicevamo, uomini per definizione non liberi, operanti solo e solamente sotto la spinta del bisogno economico, costretti a ricorrere a metodi produttivi e a darsi rapporti politico-sociali-spirituali imperativi. L’intimo fuoco del marxismo sta nel concetto della necessità storica dell’avvento della società socialista in virtú di un processo obbiettivo e fatale di trasformazione di cose. La volontà umana compare con ruolo secondario, per non dire determinato. I problemi di coscienza, di autonomia, di formazione di libere personalità, non esistono per Marx. Essi sono rimandati all’indomani della trasformazione sociale. Niente è piú utopistico e antiliberale di questo rovesciamento brusco e messianico di posizioni di questo passaggio da un regno dove la necessità domina inesorabile a un regno dove la libertà trionfa sovrana.
La morale, come la libertà, sarebbero prodotti storici, meri riflessi della evoluzione del mondo esteriore. Tanto di libertà nel mondo esterno della produzione, e tanto di libertà nel mondo interiore. Solo emancipando gli uomini dalla schiavitú dei rapporti capitalistici essi diventerebbero liberi. Togliete il monopolio nel campo della proprietà, abolite il sistema attuale dei rapporti sociali – dice Marx – e voi vedrete sorgere automaticamente una generazione di uomini liberi.
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