Lottare contro il fascismo non significa dunque solo lottare contro una feroce e cieca reazione di classe, ma lottare contro un certo tipo di mentalità, di sensibilità, di tradizione italiana che sono proprie, purtroppo, inconsapevolmente proprie, di larghe correnti di popolo. Perciò la lotta è difficile e non può consistere in un semplice problema di meccanico rovesciamento del regime. È innanzitutto problema di educazione morale e politica nostra e altrui, dei nostri avversari soprattutto, in ogni caso di tutti gli italiani, indipendentemente da ogni divisione di classe. Ben lungi dal terminare il giorno della rovina fascista, è anzi solo allora che si porranno i problemi costruttivi... Ma perciò la lotta è bella, la lotta è vitale, la lotta è degna veramente di tutti i sacrifici. Ora non sono rari i socialisti che, fisso lo sguardo alla sottostante «struttura economica», ci tengono ad ignorare puramente e semplicemente questi problemi. Che cosa diventa ai loro occhi la lotta per la libertà? Una lotta strumentale, una lotta per la conquista di istituzioni e di posizioni tattiche che hanno un valore transitorio, di convenienza, perché saranno poi negate con l’avvento della società socialista. L’abitudine a considerare il problema economico come il problema chiave, il problema determinante, e a misurare tutti i valori in termini utilitari, fa sí che sfuggano loro i valori profondi e permanenti che solo un regime di libertà è capace di suscitare. Ciò che ad essi interessa è unicamente la forma della lotta politica, e non la sostanza del clima liberale.
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