Altro frutto del determinismo marxista, altro grossolanissimo errore. La cultura non è né borghese né proletaria; solo la non cultura è tale, o taluni aspetti estrinseci o secondari della vita culturale. Si possono avere dei riflessi di classe sull’arte, ma non un’arte di classe. La cultura di un’epoca, di una nazione, è un patrimonio di valori che trascende il fenomeno economico della classe, per affermarsi come universale. E anche per quanto si attiene a quegli aspetti estrinseci e secondari, a quei riflessi di classe nella cultura, ai socialisti si impone molta prudenza. Perché, è doloroso dirlo, in fatto di attaccamento alla tradizione, al costume, ai gusti, alla morale corrente, il proletario medio non si distingue dal borghese medio. Il proletariato, come tale, si è dimostrato sinora incapace di dar vita a seri movimenti rinnovatori nella sfera della cultura; esso non fa che seguire, a distanza di una o due generazioni, le mode letterarie, artistiche, filosofiche della borghesia colta. Per trovare dei movimenti o dei tentativi seriamente emancipatori nella sfera intellettuale, è piuttosto alle avanguardie di provenienza borghese che bisogna rivolgersi. Di provenienza borghese, non borghesi esse stesse; giacché esse, meno di chiunque altro, aderiscono alla mentalità e ai pregiudizi propri della borghesia. Tanto è vero che è dal loro seno che proviene quasi tutta la élite socialista.
Il lungo discorso comporta una precisa conclusione. Questa: il movimento politico socialista deve adottare, per quanto si attiene all’indirizzo filosofico e culturale, un principio di larga intelligente tolleranza; se per il singolo è comprensibile, anzi doveroso, ogni sforzo per collegare teoria e pratica, pensiero e azione, lo stesso proposito, riferito al movimento nel suo complesso, è un fatale errore.
| |
|