La ignoranza, voluta o non voluta, dei fatti può ammettersi ancora per coloro che credono a una rivoluzione prossima di tutto intero l’ordinamento produttivo: non per coloro che hanno una visione organica dello sviluppo, e per coloro cui spettano ormai responsabilità positive.
Questo ragionamento, dicevamo, si applica particolarmente all’Italia. Se v’è un paese in cui le formule facili ed univoche si spuntano contro la insormontabile varietà dei climi, delle culture, delle forme e delle forze economiche, questo paese è l’Italia, madre di almeno due Italie: di un’Italia moderna, cittadina, industriale, e di un’Italia antica e rurale, ancora straniata alla civiltà occidentale, dalle masse ancor vergini e serve, che vive fuori, ostinatamente fuori da quelle condizioni di esistenza che sono premessa indispensabile per il sorgere e l’affermarsi di un solido movimento socialista a carattere marxista. Anche a prescindere da ogni intrinseca valutazione del marxismo, è indubbio che esso si presta a fornire la base solo a un movimento politico che faccia pernio sulle categorie operaie della grande e media industria e su una parte del bracciantato rurale. Cioè, per tornare all’Italia, a un movimento politico che per lungo tempo ancora interesserà solo una frazione, una minoranza della classe lavoratrice italiana, per di piú concentrata in un terzo del territorio. Secondo i dati del censimento del ’21, tuttora valevoli, risulta: a) che il 56 per cento della popolazione classificata come lavoratrice, era addetta all’agricoltura, e solo il 33 per cento all’industria e commercio; b) che piú della metà degli occupati nell’agricoltura costituiscono l’esercito imponente dei piccoli proprietari, fittavoli e mezzadri; c) che almeno un terzo degli occupati nell’industria e commercio sono proprietari, conduttori o gerenti – proporzione altissima, che attesta le piccole dimensioni della maggior parte delle industrie; d) che la trasformazione dell’Italia da paese prevalentemente agricolo in paese agricolo industriale si è svolta senza sensibile aumento della quota della popolazione occupata nell’industria e nei commerci (227 / 000 nel 1882, 219 / 000 nel 1901, 200-210 / 000 attualmente).
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