Sostituire al vecchio programma marxista un programma anche dal lato finalistico piú ampio, meno storicamente e socialmente condizionato, che facendo appello a motivi e ideali universali sia capace di avvincere non questa o quella frazione di lavoratori, ma tutti indistintamente i lavoratori italiani.
Al mutamento del programma dovrà corrispondere un mutamento nelle forme organizzative. L’antico dualismo tra partito e movimento operaio non potrà prolungarsi. Quanto piú si porranno al primo piano i problemi del moto, e tanto piú dovrà farsi sentire il peso anche politico delle organizzazioni operaie. La democrazia operaia vive nei sindacati, non nel partito: il partito tende sempre in una certa misura alla dittatura in nome di una ideologia e di fini lontani che si vogliono imporre non per la loro concordanza col sentimento dei piú, ma per la loro presunta bontà intrinseca. Io sono esplicitamente favorevole ad una riorganizzazione del movimento socialista su basi affini a quelle del partito del lavoro britannico: far centro cioè sul moto operaio, tendente per legge fisiologica all’unità ed efficacissimo smorzatore degli urti interni, specie se di origine ideologica; e accompagnar quello con una costellazione di gruppi politici, di associazioni culturali, di organismi cooperativi, mutualistici, ecc. Concepire cioè il partito di domani con uno spirito ben piú largo e generoso di quel che ieri non fosse, come sintesi federativa di tutte le forze che si battono per la causa del lavoro sulla base di un programma costruttivo di lavoro.
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