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      Le scene poi a quel tempo raggiungevano il più completo effetto, perchè la quasi oscurità della platea concedeva tutto lo splendore al palco scenico, e la ribalta non ancora riboccante di fiamme (chè le lucerne ad argand s'introdussero posteriormente) permetteva che la distribuzione della luce si facesse nel modo più conveniente e più proporzionato alle leggi prospettiche.
      Ma lasciando ora i pittori Galliari e la scenografia, dopo la comparsa del palazzo reale di Babilonia, comparve Semiramide tra gli applausi del pubblico, Semiramide in abito virile, sotto nome di Nino, ed era la virtuosa signora Cassarini, che cantò il recitativo: Olà, sappia Tamiri, con quel che segue; dopo del quale venne fuori Sibari, o la seconda donna signora Ghiringhella, e lì s'impegnava un lungo recitativo intercalato di guaiti di violoncelli e viole, sino al punto che Semiramide, con solenne portamento di voce, diceva alla seconda donna: T'accheta, ecco Tamiri; e usciva Tamiri, ossia la signora Giuditta Fabiani-Sciabrà; e quando, dopo alquante parole di complimento, Semiramide s'assideva in trono in mezzo a Tamiri e a Sibari, e una guardia recavasi sul ponte a chiamare i principi rivali, tosto, preceduti dal suono di strumenti barbarici, passavano il ponte Minteo, Scitalce e Ircano. Allorchè questi si mostrò, successe un movimento nel teatro, come quando il vento investe una selva, e scoppiò di poi un applauso strepitoso e unisono che pareva fuoco di plotone fatto da un reggimento di veterani. L'opera nel complesso annoiava anzichè no, chè il pubblico aveva ancora nell'orecchie l'Olimpiade di Pergolese, e l'Artaserse di Scarlatti, rappresentate poco tempo prima; e non era pago gran fatto nè della Casserini, nè della Sciabrà, perchè esso ricordavasi troppo della voce stupenda della Turcotti, della grazia dell'Aschieri, del prodigio della Tesi che commoveva irresistibilmente al pianto, e della soavità dell'Agujari che veniva chiamata il rossignuolo della scena.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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