- Per improvviso abbassamento di voce del tenore signor Amorevoli, si ommetteranno nel secondo e nel terz'atto tutti i pezzi d'Ircano. -
Non è a dire come rimanesse percosso da questa notizia tutto quanto l'uditorio, il quale, per non saper come sfogare il dispetto, fischiò disperatamente l'avvisatore, il quale si ritrasse con un volto pieno d'indifferenza, di calma e d'ironia; con un volto che pareva quello di Socrate quando si alzò a sfidare le risate della folla d'Atene. - Tanto in qualche cosa giova essere gli ultimi per assomigliare ai primi.
Ma tornando all'Amorevoli, noi, al pari dei medici del teatro e dei cavalieri ispettori, siamo inclinati a credere che in quella sera egli avesse una salute di ferro e una voce a tutta prova.
Seduto di fatto nel suo camerino innanzi ad uno specchio, stava disbellettandosi; e ridendo tra sè, pareva che godesse di un trionfo ottenuto. - Entrava in quella il servo universale del palco:
- Si va dunque a casa?
- Prepara il mantello e gli stivali, Zampino.
- Gli stivali?
- Gli stivali ed il mantello... Sì.
- Ecco il mantello.
- Tu vuoi assaggiare la mia canna, eh?
- Non sono il medico del palco scenico.
- Porta via dunque questo drappo rosso, che fa uscire il sole anche di notte... e prepara il mantello nero, bestione.
- Vuol l'amo o le reti, signor Angelo?
- Bada a te, Zampino. - E Amorevoli si alzava aspergendosi il volto e le mani d'acqua odorosa, e mettendo in mostra una camicia tutta gaja di preziosissime trine, e un pajo di calzoni di raso turchino con punte d'argento.
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