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      - Che diamine ci poteva essere di così importante tra le carte del marchese?... se ognuno sa, almeno lo si diceva da gran tempo, che l'erede universale di tutte le sue sostanze era suo fratello, il conte Lodovico?...
      - Io non so nulla nè del marchese nè del conte, eccetto che il primo fu un gran libertino a' suoi giovani anni, e il secondo è croce, se il primo fu lettera. Il conte non è niente di più che un uomo posato, misurato, tirato, che sta con quattro cavalli mentre potrebbe averne dodici, perchè s'è fitto in capo che suo figlio, il contino Alberico, che ha tutta l'aria di voler assomigliare allo zio, possa mettere col tempo la prima casa in Milano, e metter sotto casa Litta e casa Borromea; che bel matto!...
      - Jeri è partito per la campagna.
      - Tanto per nascondere nella solitudine campestre la gioja che gli deve esser derivata dal dolore provato in città sentendo i tocchi dell'agonia suonati per il caro fratello, che Dio l'abbia in gloria...
      E costui avrebbe continuato per un pezzo a tagliare i panni e al vivo e al morto; chè era di quelli alla cui parlantina velocissima conviene di tanto in tanto metter la scarpa, se può passar l'espressione, per dar qualche riposo agli orecchi degli ascoltatori e lena ai volonterosi di contraddire; ma per fortuna s'aprì l'invetriata della bottega, e comparve un compagnone della brigata, il quale a quei trenta o quaranta che voltarono le faccie a lui, fece un paio d'occhi pieni di significazione, e gridò:
      - Amici, una grande scoperta!


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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