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      - Per qual causa, ruppe essa prima il silenzio, la signora contessa ha voluto aver la degnazione di venire da me?
      Donna Clelia si scosse, e dopo un istante ancora di titubanza:
      - Per un fatto grave, rispose, e nel quale ella sola mi può aiutare...
      Vi fu ancora qualche minuto di profondo silenzio. La contessa non sapea risolversi a manifestare il proprio fallo; trattavasi di offuscare con una parola sola, e al cospetto di una donna insigne di virtù, quell'aureola d'onoratezza distinta e quasi eccezionale, di cui ella sapeva pure d'aver, sino a quel punto, fruito nel mondo, sebbene il cicisbeismo avesse trasmutato in peccato veniale e quasi gentile l'infedeltà coniugale; essa lo sapea, e ciò l'aveva ad usura compensata spesso di quell'aridezza invidiosa onde soleva essere trattata dalle sue pari. E dopo tutto questo ell'era venuta là a distruggere con una parola il solo vanto della sua vita; il solo, dopo quello della scienza, di cui, in quell'istante, non faceva più nessun conto; era venuta là per compire, quasi diremmo, un suicidio morale, comandato sì dal dovere, ma pur sempre un suicidio violento; onde se titubava e fremeva e avrebbe voluto lasciar quel luogo, senza farne altro, convien ben compatirla, poichè è durissima cosa il distaccarsi da quanto di più prezioso si possiede, e di cui il mondo tiene pur sempre conto. Alla fine alzando gli occhi, che avea sempre tenuti abbassati, in faccia a donna Paola, e leggendo in essa come un'espressione non definibile d'indulgenza soave e nel tempo stesso di acuta penetrazione, onde le parve di capire che quella donna venerabile avea in qualche parte compreso di che si trattava: parlò e raccontò tutto quello che noi sappiamo, e conchiuse, stringendo con forza convulsiva le mani a donna Paola, ed esclamando: - Or che si fa?


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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