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      Così tutti discesero e salirono, meno il Bruni, nel carrozzone carico di munizione per la battaglia del giovedì grasso: fiori, confetti, coriandoli, melaranci, pomi, ova; e di buon trotto si gettarono nel fitto del combattimento, sul corso di porta Romana, a percuotere e a rimaner percossi dalla pioggia de' pomi, a imbrattare e a rimaner imbrattati dalle ova, che si rompevan sulle parrucche incipriate a farvi strani empiastri e lorde miscele di tuorli e di cipria.
      Ora, senza perdere il tempo a descrivere il corso del giovedì grasso dell'anno 1750, perchè noi siamo nemicissimi delle descrizioni, segnatamente se siano state fatte da cento altri scrittori; ci limiteremo a dire, a coloro che volessero pur farsene un'idea, che a gettare tutti i colori dell'iride, con tutte le loro infinite gradazioni, su quelle ottanta o centomila figure allora stivate lungo il corso di porta Romana, e a raddoppiare il frastuono, come se quelle centomila persone avessero due gole enfiate per ciascuna; e a lasciare alle carrozze, ai padovanelli, ai calessi, ai birbini, ai carri convertiti in forma di barche e di vascelli il permesso di muoversi a loro beneplacito e di produrre per conseguenza un disordine molto simile a quello di un corpo di truppe che sia piuttosto in fuga che in ritirata; e a portare a un tre quarti buonamente della popolazione colà affollata il numero delle maschere d'ogni forma, d'ogni foggia, di ogni paese e d'ogni colore; a far insomma colla mente tutte queste operazioni, ne può uscire, chiudendo gli occhi e lavorando d'imaginazione, lo spettacolo d'un corso carnevalesco di quel tempo.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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