Quando poi vi bisognerà d'andar tra le quinte, me lo direte.
Lorenzo Bruni si recò allora col pittor Clavelli in orchestra; messo a sedere l'amico, si mise anch'esso al posto, che i suonatori erano già tutti sulle loro sedie, e già attendevano ad accordar gl'istrumenti. Il teatro era zeppo, già faceva quel mezzo silenzio che precede l'alzata del sipario; tutti i palchetti erano occupati; Lorenzo girò gli occhi lungo le file, e il caso volle che fosse, nel momento che il conte V... e la contessa si ponevano a sedere l'uno rimpetto all'altra. Allora sul volto di questa, egli, dal suo basso scranno, tenne fisso uno sguardo lungo e indagatore.
Alla bellezza abituale della contessa Clelia, di cui nessuno erasi prima infervorato, per l'eccesso della sua medesima perfezione, si era sovrapposta una velatura leggiera nel colore, e talune indescrivibili impressioni nella superficie, le quali, togliendole quella, quasi diremo, pompa orgogliosa della beltà nudrita dalla salute e dalla calma, vi aveva soffuse le traccie del patimento e di un certo languore di stanchezza, languore prezioso (per la poesia, intendiamoci bene, non per la realtà), il quale essendo appunto la prima volta che compariva su quella faccia, vi produceva un contrasto ineffabile e la rendeva oltre ogni dire attraente a tutti gli sguardi. Tanto è ciò vero che, quasi a un punto stesso, da tutti coloro che la osservarono quand'ella girò gli occhi intorno, si fecero queste medesime osservazioni a di lei riguardo.
- Ma come s'è acconciata stasera la contessa V...? - Davvero che mi pare un'altra.
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Bruni Clavelli Lorenzo Clelia
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