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      Bene, a poco a poco, s'era venuta placando, e piangendo e chiedendo perdono con carezzevoli blandizie, avea promesso di far il suo desiderio e s'era lasciata ornare dalla sollecita zia di fiori, di perle, di brillanti; ma la vescica del veleno le si riaprì, come abbiam veduto, nel punto di salire in carrozza.
      - Senti, Margherita, hai tu fiducia in me? le diceva Lorenzo.
      - Non mi fido più di nessuno; gli uomini son come i gatti; oggi leccano, domani graffiano...
      - Ma puoi tu dire ch'io t'abbia mai fatto un torto...
      - Chi v'ha detto questo? rispose acremente la Gaudenzi. Voglio dire che... - ma qui diede in uno scoppio di pianto. Il pensiero dell'insulto ricevuto, riassalendola, non le concedeva pace.
      - Dammi retta, Margherita; se ciò che è avvenuto ti affanna tanto, e n'hai troppe ragioni, l'unico tuo desiderio deve esser quello di confonder tutti quanti, dando modo alla verità di mostrarsi intera; ed è ciò appunto a cui ho pensato.... Tu sai che non t'ho mai consigliato cosa che non dovesse portare il tuo bene... Potrei dunque eccitarti a venire stanotte in teatro, se non fossi certo che all'alba del domani, ne uscirai vendicata da quegli stessi che ti hanno offesa?...
      - Ma se è vero quel che mi dite... perchè dunque mi fate mistero del modo?...
      - Il perchè lo saprai... ed io pretendo d'aver diritto alla tua fiducia... Suvvia, alzati, e andiamo.
      - Suvvia, soggiungeva la zia, torna buona come prima, e obbedisci chi vuole il tuo bene...
      La Gaudenzi non rispose, si alzò, mosse lentamente verso l'uscio, e Lorenzo la seguì.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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