E ad un certo punto entṛ nella sala una frazione della compagnia de' Foghetti. - Il pittor Londonio, in costume di Beltrame di Caggiano, mostrava nella lanterna magica alcune sue bizzarre composizioni, le quale facevano sghignazzar tutti quanti e abbassar gli occhi ad alcune dame che s'indispettivano di non poter comprimere il riso. - E subito dopo Cesare Larghi, ch'era segretario soprannumerario di governo, in costume di contadino brianzolo, accennando di voler cantare una delle sue villotte con accompagnamento di ribeba, imponeva silenzio a quanti eran là, i quali gridavano ai suonatori e ai ballerini, basta, zitto, silenzio; - e Cesare Larghi, vista la Gaudenzi, e indispettito col pubblico del modo ond'erasi comportato secolei, si pose precisamente innanzi ad essa, a cantare quella veramente poetica villotta dettata in dialetto contadinesco... e che fu stampata nella collezione de' poeti vernacoli milanesi:
I to oggitt me paren ḍ bei stelliChe hin pu lusurient de la lusnava,
E quij to ganassitt ch'hin de sgioncava,
E hin insć svernighenti e tanto belli.
Famm vedè, cara ti, quii to bocchiniTanto streccit che paren facc col fuso,
Che fan ol pover Togn deslenguà in giusoE van disend a tucc: femm di basini.
La cantilena soavemente campestre onde si esprimevano quelle poetiche parole, la bella voce e l'accento e il garbo onde il Larghi la cantava, in prima avean messo un silenzio coś profondo in quelle sale, che si sarebbe sentito a volare una mosca; e provocarono poi un tale scoppio d'applausi, che di più non avrebbe potuto ottenere lo stesso Amorevoli.
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