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      Quando l'auditore alzò la testa, volse a Lorenzo uno sguardo tale da fargli temere il peggio; poi disse:
      - Persistete voi dunque nell'asserire che la causa per cui avete ricorso ad una abbominevole astuzia, al fine di trarre in insidie la nobilissima signora contessa Clelia V..., sia stato il desiderio di stornare il disonore dalla vostra protetta?
      - Non posso che persistere, perchè è la pura verità.
      - Vogliate però considerare che la cosa è inverosimile, e che una tale inverosimiglianza ci consiglierà gravi misure.
      - La verità è una sola, rispose Lorenzo con un certo sdegno, e mi pare d'avere già esposto suffizienti argomenti per togliere ogni altro sospetto dalla testa del signor giudice. Torno a ripetere che, dal momento che la giustizia trovò d'escluder dagli esami, non so per che sue ragioni, precisamente la donna che sola era stata la cagione di trarre a mal partito il signor Amorevoli, io mi trovai in dovere di illuminarla; prima di tutto perchè trovavo ingiusto e insopportabile che una virtuosa ragazza avesse taccia di disonestà per colpa altrui; in secondo luogo perchè dal momento ch'io potei intravedere che la nobilissima signora contessa avea potuto aver la debolezza...
      - Vi intimo di adoperar parole più rispettose.
      Lorenzo tacque un momento, come per respingere un leggiero soprassalto d'indignazione, poi soggiunse:
      - Io ho l'obbligo di difendere me stesso. È un obbligo santo come un altro, poichè ciò che mi s'ingiunse qui è di dire la verità. Però se, quand'anche con un mezzo riprovevole ma il solo tuttavia che m'era possibile, ho potuto mostrare a tutto il pubblico da che parte stesse la colpa, io non so in che modo debba nominare la signora contessa, quando per necessità devo parlare di lei.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





Lorenzo Clelia V Lorenzo Amorevoli