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      Ma ella non avea nemmen pensato a tutto ciò. Riavutasi del deliquio e uscita dal palchetto, col domino tra le mani e come per pigliar aria, guizzò tra la folla delle maschere che facevano ingombro al palchetto e assiepavano il corridojo, e senza titubanze e rispetti, chè la disperazione è imperterrita e non conosce ostacoli, uscì dal teatro; e là, allontanatasi dalla porta dell'ingresso, avvolta nel domino a bardosso, ed esposta così al freddo e al vento, che pareva un Sibilla vaticinante, vista la carrozza di casa Cusani che conosceva (per essere la moglie del marchese Cusani in grande intrinsichezza col Conte V...), chiamò il cocchiere per nome. Quegli si volse, e, col lume del fanale e del primo crepuscolo, riconosciuta, sebbene a stento, la contessa:
      - Cosa mi comanda? disse.
      - Sta queto, che già siam d'accordo colla marchesa; ho bisogno della sua carrozza; e di buon trotto accompagnami alla mia villa a Gorla...; tu ci sei stato altre volte. Vogliam fare una burla a qualcuno.
      Il cocchiere non rispondeva, e stava perplesso; ma la contessa, aperta la porticina :
      - Suvvia dunque, t'affretta; chè non c'è tempo a perdere, e se non si corre, ogni cosa può andare a vuoto.
      Il cocchiere si strinse nelle spalle, ma obbedì; e sferzati i cavalli, in mezz'ora fu a Gorla sul naviglio. Spuntava il primo sole quando fece una magistrale voltata entro al portone già dischiuso della sontuosa villa V... - Colà giunta, la contessa chiamò il castaldo, che accorse con di lui grande stupore; fece pagar lautamente il cocchiere, al quale impose di ritornar subito a Milano; poi rivolta al castaldo:


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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