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      Però non si può dire quanto fosse generale il desiderio di vederla, di avvicinarla, persin di ammirarla; di esaminare dappresso se era poi tanto bella come si diceva, se il tenore era stato di buon gusto, se non aveva avuto torto a sfidare tanti guai, a farsi arrestare, a serbare un pericoloso silenzio, a rinnovare insomma quasi la tragedia di Antonio Foscarini per amore e rispetto e venerazione di lei. E la curiosità fu tanta, che il ponte che attraversava il rio San Polo, di repente si vide frequentato a tutte l'ore del giorno da gran numero di persone, per osservare se mai da qualche finestra si mostrasse la testa della donna che era l'oggetto del discorso universale. La contessa Clelia, a cui la buona famiglia che l'alloggiava riferiva quel che dicevasi nella città, stavasene celata dietro le finestre per vedere tutti senza essere veduta; ma tra i moltissimi notò una figura che assai le diede da almanaccare. Quella figura era d'un giovane gentiluomo, gentiluomo, almeno, per quanto appariva al di fuori, e per la ricchezza dell'abito e pel veladone di broccato e per la spada col fodero di velluto bianco; giovane tanto che forse non arrivava ai vent'anni, ed oltracciò di tant'avvenenza di corpo e di una bellezza così baldanzosa di volto, che quand'anche ella avesse il pensiero altrove, lo avrebbe distinto fra gli altri, anche se non le fosse sembrato d'averlo visto tante e tante volte, e più facilmente a Milano che in altro luogo. Quel giovane passò un giorno, passò due, passò tre giorni per di là e più volte quotidianamente; se non che ella potè accorgersi che non veniva coll'intenzione della moltitudine, la quale attraversava il ponte e gettava un'occhiata al palazzo Salomon; ma sibbene ci veniva per fermarsi a volgere lo sguardo ad una finestra del palazzo dirimpetto che stava presso al ponte, alla qual finestra compariva anche una fanciulla.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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