Quel giovinetto era dunque diventato una specie di celebrità del suo ceto, e siccome era di un'avvenenza non comune, ch'egli accresceva vestendo la livrea di lacchè con un'eleganza insolita, così veniva da tutti i grandi signori e accarezzato e regalato abbondantemente, ma il giovinetto, di mente svegliata ma di trista indole, era stato guasto da tante carezze e da tanta fortuna. Essendo manesco e rissoso, ad ogni momento il padrone, che gli voleva bene, bisognava pagasse le busse, le bastonate e, una volta, persino una coltellata che, ubbriaco, aveva appoggiato ad un collega nell'acciecamento di una rissa. Essendo discolo, e ch'era peggio, essendo bello, aveva messo a mal partito più ragazze del popolo; e il padrone, il quale aveva della debolezza per quel fanciullo, cresciutogli in casa da un vecchio carrozziere, s'era trovato costretto più d'una volta a pagare indennizzi e a far sospender reclami. A tutto ciò aggiungevasi, che diventato anche giuocatore e non bastandogli più nè il salario nè le mancie ordinarie e straordinarie, e avendo debiti di giuoco da pagare, un giorno rubò alcune monete d'oro al padrone; fatto che, per non essere stato scoperto, rinnovò più volte; ma alla fine, essendo caduti i sospetti su di lui ed essendo stato perciò tenuto d'occhio, fu visto una mattina da due servitori entrare bel bello nella stanza del signor marchese mentre dormiva, prendere una borsa da un tavoliere e, vuotatala per una buona metà, mettersi il danaro in tasca. Fu allora che, riferito e provato il furto, il giovane lacchè venne scacciato sui due piedi dalla casa F...
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