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      Allora, come ognun sa, non c'eran biglietti di visita propriamente detti e propriamente fatti, ma c'eran i loro precursori; e giacchè era il secolo delle eleganze più profumate e delle caricature, chi voleva farsi annunziare a qualcuno per una visita, faceva presentare al guarda portone, perchè lo facesse avere al padrone della casa, un bigliettino su cui scriveva il proprio nome, il qual bigliettino veniva sempre collocato in un portafoglio, in un astuccio, in un vezzo qualunque; e tali vezzi qualche volta avevano un gran valore, essendo d'argento, d'oro e persino ornati di pietre preziose; a seconda della ricchezza del visitatore, e del bisogno che aveva di rendersi gradito e d'imprimersi bene nella memoria di chi voleva visitare; perchè era di prammatica che il padrone o la padrona di casa, tolto il foglietto, e letto il nome, si tenesse il vezzo per sè, come pegno e come dono. Il Suardi, che conosceva tutte queste bizzarie della moda, aveva creduto bene di farne uso in quell'occasione. Il gondoliere, chiesto pertanto della signora contessa V..., presentò al servo il portafoglio di seta (la prammatica non voleva che in una prima visita si sfoggiassero i metalli fini e le gemme). Il servo, il quale era stato indettato dalla padrona di casa fin da quando la contessa le era stata raccomandata, rispose non saper nulla di quel nome, ma che avrebbe fatta l'ambasciata alla padrona stessa. Questa era in casa, e disse: - Va dalla contessa, e domanda a lei quel che si ha a fare. Dal nome che è lì dentro ella piglierà norma.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





Suardi