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      E quella visita potè recare un gran bene, in quel punto segnatamente che il Bruni e l'Amorevoli, nella casa della giustizia, per un perfido giuoco della sorte, erano alle prese coll'ingiustizia. La lettera scrittale dalla contessa nel tumulto della passione le aveva data piena facoltà di riparare i danni che essa non avea potuto stornare in tempo. Però donna Paola assunse quel mandato a rigore di scrupolo e nell'intento di soddisfare a ciò che era giusto ed onesto in tutti i modi possibili. Si tenne dunque informatissima e delle voci che correvano in pubblico, e di ciò che facevasi in privato, e, fin dove era possibile, dell'azione interna delle pubbliche magistrature. Visitata com'era di frequente dalle persone più distinte della città, giunse a subodorare le intenzioni celate dietro alle formalità apparenti; chè per quanto, come dicemmo, i processi criminali camminassero segreti, pure dov'eran tanti assessori e attuari e scrivani, uscivano un po' per volta a circolare tra pubblico e pubblico le cose che più volevano tenersi nascoste. Donna Paola seppe dunque che il parentado della contessa aveva gettato i dadi opportuni per far credere ch'ella fosse vittima innocente di qualche terribile intrigo; seppe inoltre che sulla contravvenzione alla legge commessa dal Bruni si volevan edificare altri supposti ed altre cose, perchè colui dovesse pagare i debiti di tutti. Del resto donna Paola era quella precisamente che doveva conoscere più d'ognuno (e il cuore le faceva sangue rammentando il passato) come lo spirito di corporazione talvolta, a quel tempo, facesse tacere la voce dell'assoluta giustizia.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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