- Sentite...
Interruppe il Verri con questa parola il passo concitato della Gaudenzi. Ella si fermò in faccia a lui, attirata da quel sentite, e come chi spera sempre qualche consolazione da tutti gli accidenti del discorso.
- Da quanti anni, egli continuò, il sig. Lorenzo Bruni veglia alla tutela della vostra giovinezza?
- Oh da moltissimi anni! Io era una ragazzina senza padre e senza madre, e ballavo a Venezia al teatro di San Moisè... Chi mi curava non era allora che questa buona e paziente mia zia... Ma si viveva a discrezione degli impresarj che guadagnavano, non tocca a me il dirlo, alle nostre spalle, eppur non ci facevano che soprusi e angherie, n'è vero, zia? Il signor Lorenzo Bruni volle difenderci una volta da un appaltatore usurajo e ottenne di farlo stare al dovere... onde ci fece tener tanti danari, quanti certamente non potevo dire d'aver meritati. Ma questo è poco, perch'egli si prese cura della mia educazione; e siccome ei veniva da Parigi, ed avea vedute tutte le più celebri ballerine e conosceva la danza più di chi ne fa professione, tanto fece e consigliò, che riuscì a tirarmi indietro dall'arte viziata... Onde quel poco che sono, lo voglia credere, illustrissimo signor conte, non lo debbo che a lui.
- E tutto, entrò a dire la zia, senza neppure un'ombra d'interesse, perché i mettimale che vedevan con dispetto quel suo tanto adoperarsi in pro della ragazza, mi andavan susurrando all'orecchio che lo avrebbe fatto per arricchirsi... Ma invece, se non ci ha perduto, non ci ha guadagnato, perchè la bilancia non è più giusta di lui: e i quartali ei non volle nemmen toccarli, e collo scrupolo va tanto in là, ch'ei vuole che dalle mani dell'impresario passino nelle mie; e se provvede a collocarli a buon frutto, desidera ch'io medesima vada a consegnarli.
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