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      Ma come potevano quegli illustrissimi patrizj di Venezia gettar le loro notti, ed esser tuttavia parati alle gravi cure del governo, della pace e della guerra? Non confondiamo le idee: a Venezia vi avevano più qualità di patrizj, ovvero sia due qualità ben distinte quella dei tutto facenti, e quella dei nulla facenti. Dal dì che Gradenigo aveva decretato come statuto fondamentale - che niuno fosse mai più eletto nè eleggibile a sedere nel gran consiglio, da quelli in fuori che allora vi si trovavano; - che il loro privilegio sarebbe eredità ai loro discendenti in perpetuo; - che eleggerebbe dal suo corpo tutte le magistrature di Stato; dal dì che codesta aristocrazia s'andò sempre più concentrando in oligarchia, che persino ai figli del doge fu tolto di poter coprire ogni magistratura: lasciato alle poche famiglie vetustissime il monopolio del potere trasmissibile di padre in figlio in perpetuo, tutta la rimanente nobiltà - che era numerosa, e alla quale in Venezia non rimaneva altro scopo alla vita che l'uso e l'abuso di essa, e l'uso e l'abuso della ricchezza - dov'era gentilezza d'ingegno, ell'erasi data all'esercizio delle arti; dove no, proruppe ai godimenti, e con tanta sfrenatezza spensierata con quanta riflessiva e longanime rigidezza gli oligarchi si tenevan saldi al potere; rigidezza riflessiva, e che fomentava quel viver leggiero e svagato dei discendenti di coloro ch'erano stati chiamati uomini nuovi al tempo della prepotenza di Pierazzo Gradenigo, pel motivo che non erano più temibili quelli che per costume s'indebolivano nell'inerzia.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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