Che il giuoco poi abbia trovato accoglienza più forse a Venezia che in altri luoghi, sarebbe dimostrato da ciò, che taluno dei così detti giuochi d'azzardo fu invenzione di Veneziani; che un Giustiniani, ambasciatore della Repubblica a Parigi, vi portò per la prima volta la cognizione del giuoco della bassetta, il quale fu poi accolto trionfalmente a quella Corte, e onorato colà dagli uomini della scienza, che pubblicarono considerazioni e calcoli e intrapresero ricerche pazientissime su quel giuoco, sulle probabilità del guadagno e delle perdite.
Il Galantino aveva dunque fatto suo pro di quelle abitudini veneziane; e ricevuto al ridotto qual gentiluomo milanese da quell'ospitalità cortese che sempre distinse i Veneziani tanto d'allora che d'adesso, passava colà le sue notti. Ma siccome i giuochi che vi si tenevano non eran d'azzardo, essendo recentissima un'ammonizione dei signori Correttori; così a una cert'ora, in compagnia di molti gentiluomini, lasciava il tavoliere del tresette e il ridotto per trasferirsi al di là di Rialto, nelle stanze di un umile caffè detto di Costantinopoli; e là, fuori d'ogni sospetto, aperta la voragine del faraone e della bassetta, ei passava il resto della notte. Munito, quando recossi a Venezia, di molto danaro contante, il Galantino, giocatore tanto esperto che pareva aver gli occhi nelle dita, governavasi però prudentemente al ridotto, e in modo da lusingare con mille attrattive i suoi compagni di giuoco, perchè, rilasciato il freno all'avidità, non potessero andare a letto senza prima tuffarsi a piene voglie nel flusso e riflusso dell'azzardo.
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