Galantino si fermņ un istante su due piedi, come per fare una rapidissima consulta fra sč e sč; poi, considerato che non c'era a far nulla, mosse difilato, sebbene con placida lentezza, verso la porta della sua casa. - Fu allora che le cappe, venutegli incontro:
- Č ella, domandarono, il signor Suardi Andrea di Milano?
- Sono io per l'appunto; in che posso ubbidirle?
- Voglia venir con noi un momento a palazzo.
- Subito?
- Senza perder tempo. Questo č l'ordine.
Il Galantino, con viso calmo, con occhio blando, guardņ alle due cappe, e:
- Io sono pronto, disse, quantunque non abbia dormito la notte... Ma vogliano permettere ch'io mi serva della mia gondola...
- La gondola č gią pronta.
- Allora eccomi qui.
Vennero al rio; la gondola e i gondolieri avevano lo stemma di palazzo. Il Galantino fu pregato di mettersi a sedere sotto il felze; le cappe nere stettero fuori. I remi toccarono l'acqua, e via.
VI
Disceso al palazzo Ducale, il Suardi fu condotto negli ufficj del Consiglio dei Dieci, dove da un segretario gli venne fatta lettura d'una nota del Senato milanese che lo riguardava; dopo di che gli fu soggiunto essere stato deliberato dai signori Dieci di esaudire l'inchiesta del Senato di Milano, facendo scortare il Suardi fino al confine, dove lo si sarebbe consegnato alle autoritą competenti del ducato di Milano. Galantino a quell'intimazione, senza smarrirsi in apparenza, quantunque fosse oltremodo percosso nell'intimo suo, rispose: Riuscirgli inesplicabile una tale inchiesta; non aver esso fatto atto veruno pel quale potesse aver timore di chicchessia; che perņ si sottometteva obbediente al decreto e della Repubblica e del Senato di Milano, certissimo che in poco tempo ai signori Dieci sarebbesi fatta conoscere la causa dell'errore di cui egli in quel punto era vittima.
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