- Essendo poi noto sì a lui come al parentado che la contessa erasi rifuggita a Venezia, dopo il falso gioco tentato per far credere ch'ell'era stata rapita, più volte ei fu in procinto di recarsi colà, e solo si trattenne al pensiero che poteva nascere uno scandalo nuovo, superiore al disonore. Oltre a ciò, il fatto che l'Amorevoli era in prigione, e trovavasi chi sa per quanto tempo fuor d'ogni libertà d'azione, gli ammorzò il furore per quella parte che bastava onde non lasciarlo partir da Milano.
Ma durante quella giornata seppe che il tenore era stato messo in libertà; seppe inoltre (e a una tal notizia poco bastò non uscisse di cervello affatto), che il tenore era stato scritturato dai messeri ispettori del teatro di Venezia per sei recite. - Un uomo placido e di buon senso e di spirito, che fosse nato, per esempio, a Parigi e fosse un seguace del sistema onde colà trattavansi le infedeltà conjugali, non avrebbe fatto altro che recarsi a domandar consigli di prudenza a una mezza dozzina di ballerine voluttuose del teatro del Re... Ma egli era ispano-italico. - E questo fu il contrattempo. - Perciò, dopo il primo subbollimento del sangue, si contenne in apparenza, e si finse tranquillissimo coi parenti, col fratello, cogli amici; e tutto questo per potere annunciar loro, senza generare sospetti, che voleva lasciar per qualche tempo la città, e uscire a diporto... Partì dunque due giorni dopo, quasi contemporaneamente all'Amorevoli... e, pur troppo, alla volta di Venezia.
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