Pagina (310/1507)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Quando adunque si sentì rotto in due il suo preziosissimo sibemolle da quell'importuna picchiata, mandò fuori una di quelle tali frasi, e in quel tono acuto e vibrato che gli era rimasto in gola... e nel tempo stesso andò ad aprire. Era un servo in livrea, con baffi, distintivo rarissimo in quel tempo, e che per lo più soleano portar coloro che, dopo aver servito a lungo nella milizia, si riducevano a mestieri ed a servigj comuni della vita, press'a poco come al tempo nostro, in cui quanti hanno portato sciabola o fucile al reggimento, o hanno inforcato un arcione, serbano nell'aspetto qualche marchio indelebile, pel quale si può quasi indovinare se furon soldati di cavalleria o di fanteria. Quel servo pertanto, con un accentaccio lombardo e con parole nelle quali, per indefinibili combinazioni, si sentiva un'incondita fusione di Milano, di Spagna e di Veneto:
      - Il mio padrone, disse, è stracco, e vorrebbe dormire, e gli danno gran noia i vostri gridi. Però uomo avvisato, mezzo salvato.
      A quell'intemerata così improvvisa e così villana, Amorevoli s'accontentò in prima di guardare quel servitore con tutto il veleno che gli potea schizzare dagli occhi, poi soggiunse:
      - E chi è codesto capo di popone che ti dà simili incarichi? Esci tosto, o non avrai tempo di contare i gradini di questa scala, tanto di fretta io te li farò fare. - E senza più, richiuse i battenti dell'uscio sulla faccia del servitore, e rimessosi alla spinetta, tornò al suo recitativo, azzardando un do sopracuto di petto, che parea voler trapassare il soffitto della camera.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





Milano Spagna Veneto Amorevoli