- Si canta e si suona, rispose.
- Fango salito in scanno, al cospetto di chi credi tu di trovarti?
- Al cospetto di chi meriterebbe discendere dallo scanno nel fango.
Il conte fece un passo innanzi, e la mossa fu tale, che i camerieri accorsero e lo trattennero.
- Ma, disse allora Amorevoli, che pretendete da me, signor conte? Con che diritto vi siete fatto lecito di mandare ad insultare un uomo dabbene? Io sto nella mia camera, io attendo a' fatti miei e all'arte mia, e se momenti fa colla voce potevo ferire l'orecchio altrui, pregovi a pensare che non è mezzanotte e siamo in Venezia, e di quest'ora gli è come si fosse di mezzodì, in un'altra città. Le costumanze, i convenevoli, i riguardi li conosco al pari di chicchessia. Se mi aveste mandato a pregare coi modi del gentiluomo, meno male, vi avrei esaudito; ma invece quel vostro domestico si comportò di maniera, che fu assai se non l'ho spinto rotolone giù per la scala. Del rimanente, se in poco o in nulla vi credete offeso, io son qui pronto a darvi qualunque soddisfazione.
- E quali soddisfazioni mi puoi dare tu?
- Quelle dell'uomo onesto in faccia a chi vuol dar spettacolo di coraggio.
- Ma giacchè ti vanti di conoscere i convenevoli e le prammatiche, non sai tu, istrione vilissimo, ch'altri offende se stesso misurandosi co' pari tuoi?
- Pari o no pari, questa la xe ona prepotenza da sior Lelio...
Chi diceva queste parole era un giovane di vent'anni, poco su poco giù, il quale vestiva l'assisa di soldato di marina. S'era trovato là ad udire insieme cogli altri forestieri; ed avendo preso notizia del fatto, e parendogli quella del conte un'insopportabile soperchieria, non potè più contenersi, e strillò quelle sue parole con fremebonda concitazione.
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Amorevoli Venezia Lelio
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