Erano le tre ore di notte; risplendevano tutte le finestre della facciata che guarda il Campo San Stefano. Le due statue oziose, che stanno a' fianchi della maggior porta, avevano avuto anch'esse in quella sera l'incarico di portare un gran fanale sulla testa; risplendeva tutto il lato del palazzo che guarda il rio; e più servi con torcie a vento stavano sulle due scalee per cui si ha accesso al palazzo da quella parte appunto; era tutta illuminata la lunga calletta per la quale il palazzo ha una comunicazione col Canal grande, sulla scalea della quale stavano pure altri servi con torcie a vento per ajutare lo sbarco dalle gondole accorrenti. Dalla parte del campo venivano a frotte di due, di tre, di quattro gentiluomini e gentildonne, preceduti dai servi col lampione. Il Canal grande, per quanto spazio misura la linea di due o tre palazzi, era tutto pieno di gondole con gondolieri schiamazzanti ad aprirsi la via, chi verso l'approdo della calletta, chi verso il rio interno. Gl'invitati che veniano dal campo, s'incontravano nell'atrio con quelli che arrivavano dal rio; e quand'erano forestieri o veneti di terra ferma, si soffermavano a guardare il leone rampante scolpito, che era lo stemma di casa Pisani, colla spada da un lato, la mazza e l'elmo dall'altro; e i fanò delle galeazze che già avevano rischiarate le vittorie del glorioso Vittor Pisani. Tutti costoro poi si incontravano nell'ultimo cortile con quanti vi approdavano dal canale, e insieme salivano lo scalone e, d'una in altra anticamera, entravano nella maggior sala, la cui vôlta, dipinta dal Guarana, è sorretta da molte colonne corinzie, oggi mostranti il gretto legno, allora tutte splendide d'oro nel capitello, nelle scanalature, nella base.
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