Son noti i molti duelli a' dì nostri, dovuti indire ed accettare, per far pago il rispettabile pubblico che chiama vile chi non discende sul terreno, foss'anco per un nonnulla; duelli così ben preparati dai pietosi padrini, che la vita de' duellanti fu tanto al sicuro sul terreno della battaglia, quanto sull'origliere dei placidi riposi; onde contemporaneamente alla misura delle pistole e all'assaggio della polvere, e al giuoco de' bussolotti onde si facean scomparire le palle micidiali, il più celebre ristoratore della città stava ammannendo il più lauto asciolvere, e apprestando sulla mensa lieta lo spumante sciampagna. E ciò tuttavia fu decretato potesse bastare per l'onore. Però, stando così le cose, ed essendovi nell'umanità malattie del cervello croniche e incurabili, si può ben profetare un completo fallimento alle società che in Francia, in Germania, in Inghilterra s'instituirono contro il duello; a meno che non vi si consocii l'autorità costituita fondando i tribunali d'onore, onde provvedano a riparare coi loro placiti a quelle ingiurie speciali che fin qui non si credettero vendicabili che dal duello.
Ma comunque fosse e comunque sia di codesta faccenda, Angelo Emo lo propose e il conte V... lo accettò, senza darsi un pensiero al mondo di quel che se ne giudicava e diceva e scriveva dai loro dotti e onesti contemporanei. Anzi, se non il giovane Emo, che era istruttissimo, è probabile che il conte V... non sapesse nulla nè di Scipione Maffei, nè di Rousseau, nè di tutta la parte teorica relativa all'abolizione del duello e solo avesse contezza così in digrosso degli editti dei due ultimi Luigi di Francia.
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