Il dottor Gallaroli e il chirurgo Patrini si guardarono in faccia come se non avessero ben afferrato il concetto del professore Moscati.
Ma a questo punto l'ammalato, con voce fonda e intercalata da riposi asmatici, e tuttavia piena di fremito e d'ira:
- Che cosa dunque si conchiude? disse, posso guarire o no? Di che natura è questa malattia?
- Il dottor Gallaroli non ha sbagliato, rispose Moscati. La cura a cui ha sottoposta la signoria vostra illustrissima era l'unica e ragionevole. Ma se il corpo del signor conte non risponde ai trattamenti medici, i medici non possono fare miracoli. Tuttavia speri; e qui tornò a tastargli il polso.
- La febbre è feroce, soggiunse. Il dottor Gallaroli non può che continuare nell'intrapresa cura. D'impedimenti meccanici non credo che sia nemmeno a parlare. Che ne dice il professor Patrini?
- Non c'è sintomo di sorta che accusi un tale impedimento; onde in questo caso non c'è altro che attenersi ad una cura d'aspettativa.
Qui il dottor Gallaroli scrisse una ricetta, toccò anch'esso un'altra volta il polso dell'ammalato, lo tasteggiò alle regioni dello stomaco, poi conchiuse:
- Tornerò sul finire della giornata. E partì insieme coi due medici consulenti.
Quando aprirono l'uscio della stanza, urtarono in un gruppo di persone che stavan tutte origliando, servitori e cameriere, e confuso con loro l'agente della casa, signor Rotigno. - Il figlio del signor conte, giovinetto di vent'anni, che in casa era chiamato don Alberico, passeggiava innanzi e indietro per quell'antisala, tristo in volto, ma vestito con attillatura soverchia, e che certo contrastava e colla gravezza della circostanza e col suo volto medesimo.
| |
Gallaroli Patrini Moscati Gallaroli Moscati Gallaroli Patrini Gallaroli Rotigno Alberico
|