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      È sempre la stessa storia, però bisogna saperli interpretare, e non seguirli testualmente questi signori.
      - Basta, fate voi. Badate però che stasera il dottor Gallaroli non faccia strepito del non essere stato obbedito.
      - Vedrà che il dottore non dirà nulla... E poi io vivo certo che il conte debba migliorare...
      - Fate pure, fate pure... Ora sentite ...
      - Che cosa?
      - Fatemi contar dal cassiere un cento talleri di Carlo Sesto.
      - Siam sempre a queste, don Alberico.
      - Sono otto giorni che ne ho di bisogno.
      - Il signor conte mi proibì di darle altro danaro prima che incominci il mese di giugno.
      - Il giugno è qui presto... è un'anticipazione di pochi giorni...
      - Eppoi?
      - Eppoi, fate presto. Non mancano usuraj a Milano, e se batto di piede saltan fuori talleri da tutte le parti. Non è la prima volta. Ma che maledetto gusto è questo di costringermi a pigliar dieci per restituir venti! Non c'è al mondo uomo più avaro e più sucido di mio padre; e voi gli tenete la staffa. È tempo di finirla. Ho ventun'anni, e colla nuova eredità sono il figlio unico più ricco di Lombardia. Venti milioni... una piccola bagattella... e sempre aver bisogno di denari come se fossi un pezzente, e domandar la carità a voi. Ma chi siete voi?
      L'agente sorrise, e:
      - Sono il suo umile servitore, che ama lo splendore della casa, e desidera che l'unico erede di tanta facoltà non trovi d'aver decimato nulla quando sarà egli il capo della casa e il padrone assoluto di tutto. Però, giacché veramente le occorrono, vado a farle contare i cento talleri.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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