- Sentite, se fossero centocinquanta non mi lamenterò; anzi, ora che ci penso, mi lamenterei se fossero appena cento.
Il signor Rotigno discese nello studio dov'erano molti impiegati subalterni, cassiere, ragioniere e scrivani, perché l'amministrazione della casa era vasta e complicata. Si fece contare dal cassiere i centocinquanta talleri, li fece notare alla partita di don Alberico, incaricando uno scrivano di stendere una ricevuta che il figlio del padrone avrebbe firmata per la necessaria regolarità, e perchè voleva così il signor conte padrone.
Mentre il signor Rotigno s'indugiava là per tale occorrenza, entrò un commesso di studio seguito da un facchino portante un sacco di denaro; entrò e disse:
- Gran novità.
- Che cosa?
- È tornata, pochi momenti sono, la signora contessa Clelia V...
- Tornata?... ma perchè?
- S'ella voleva tornar così presto, tanto aveva a non fuggire.
- Oh bella! il conte marito volle andare dov'ella si trovava, ed ella ritornò dove non si trova più suo marito. Fin qui non ci vedo nulla di strano, ed è facile a capire.
- Che cosa è facile a capire?
- Quello che voi non sapete, soggiunse il commesso. La contessa è tornata perchè fu fatta ritornare.
- Da chi?
- Da chi ha l'autorità, s'intende; voglio dire, dal Senato. Ma sapete il motivo? è il motivo che vi farà strabiliare tutti.
- Sentiamo, parla, di' presto.
- Il motivo è che il Galantino ha dato fuori il suo nome; e in conclusione, è dessa che lo ha pagato a rubare il testamento. E si sa anche com'era il testamento.
| |
Rotigno Alberico Rotigno Clelia V Senato Galantino
|