.. un'inezia accoppa, un'inezia fa rinascere. È dunque meglio tacere. - E così ridiscese nello studio, prese il cappellino a tre punte e la sua canna d'India, e uscì ad appurare le notizie della giornata.
Intanto che il Rotigno se ne va pe' fatti suoi, facciamoci colla contessa Clelia. Il commesso di studio, raccontando che era tornata a Milano, avea detto il vero. Al serenissimo doge Grimani, nelle sale del nobile Alvise Pisani, ella avea promesso che il giorno successivo impreteribilmente sarebbe partita da Venezia; e il doge aveale detto: confidare interamente nella sua parola e non volere per verun conto commetterla a scorta nessuna. Queste furono le parole: ma i fatti non vi corrisposero esattamente. Chè alla contessa Clelia il dì dopo fu reso al tutto impossibile di lasciar Venezia, per varj accidenti sorvenuti all'impensata, e che, scorsi che saranno sedici anni dal tempo in cui versa il nostro racconto, il lettore probabilmente saprà indovinare. In quanto al doge incaricò l'ufficio de' corregidori di far tener dietro ai passi della contessa; e allorchè seppe, con sua grande meraviglia, ch'ella trovavasi ancora in Venezia, alla promessa che donna Clelia rinnovò di partire fra breve tempo, non fu tanto credulo; e sotto specie d'onorarla, la fece accompagnare sino al confine del ducato di Milano da messer Zuane Pizzamano, camerlengo di Comune, e dalla nobile sua moglie. Onore che, giunto al confine, le fu rinnovato dal signor luogotenente di Pretorio, dottor Rocco Orlandi, il quale, espressamente a ciò incaricato da lettera senatoria, le domandò con rispettosa deferenza, ma con quel modo d'interrogare che significa essere il provvedimento già stato ventilato e ingiunto dall'autorità, le domandò adunque se ella desiderava, giungendo a Milano, d'essere alloggiata nella casa dell'egregia donna Paola Pietra sua conoscente.
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