Il capitano marchese Recalcati, che stava in aspettazione di esse, quando sentì il loro arrivo, credette bene di uscire insieme col vicario e cogli assessori a riceverle in capo allo scalone. Era una degnazione insolita, ma che all'ottimo Recalcati era stata suggerita dalla specialità del caso, e, dopo i discorsi tenuti con donna Paola e le pubbliche dicerie pervenutegli all'orecchio, dalla persuasione che la contessa meritava il suo rispetto più che la sua severità. Dopo que' primi atti di ricevimento, ai quali però non fu straniero un certo sussiego di cerimoniale tutt'altro che adatto a mettere altri di buon umore, le signore furono fatte entrare in una sala, nella quale comparvero poco dopo il capitano, il vicario, un attuario, due auditori e due assessori, ponendosi a sedere presso una gran tavola coperta dal tappeto verde e su cui stava una croce d'ebano col Cristo d'avorio. I due assessori, pregando la contessa ad accostarsi, essi medesimi le portarono il seggiolone a bracciuoli.
Donna Clelia era vestita con austera semplicità, per quanto poteva esser permesso dalle foggie del tempo. Quand'ella si mosse tenendo dietro agli assessori che le portavano il seggiolone, la severissima regolarità del suo volto, fatta allora più grave dalla condizione dell'animo, la fronte che, per l'azione dell'orgoglio offeso, le si aggrondava in quel punto, raccostandole i neri sopraccigli al vertice del suo naso romano, i labbri e il mento che, modificati dai muscoli in soprassalto, parvero assumere fuggitivamente il disegno della bocca e del mento del giovane Bonaparte cogitabondo e cupo; tutto ciò, anzi che farla credere una donna chiamata a rispondere in tribunale, le avea comunicato l'aspetto della istessa dea Temide convenzionale, persuadente col severo simulacro l'inesorabile giustizia.
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