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      Don Giacinto fu dunque mandato a chiamare. Il vicario di Santa Maria Podone, indignato di essere stato messo alla porta dal maggiordomo quando erasi presentato a visitare il conte, non s'era più mosso, ma sentendo peggiorar sempre le notizie della salute del conte, aspettava di venir invitato. Quando pertanto il servo di casa fu a dirgli, che venisse subito perchè il conte padrone stava a malissimi termini, tosto accorse.
      Il maggiordomo, allorchè vide il prete entrar nella stanza da letto del conte F..., provò quell'oppressione di cuore e quello sgomento onde è assalita una moglie infedele che, sorpresa dal marito, lo veda entrar nella stanza dove avea creduto di poter nascondere il furtivo amante.
      Don Giacinto il quale, per una lunga abitudine al letto degli ammalati, aveva fatto, come suol dirsi, l'occhio medico, avvistosi tosto del massimo pericolo in cui versava il conte, senza por tempo in mezzo gli propose la confessione, che dall'ammalato incadaverito fu accettata.
      Quando la vecchia cameriera uscì per lasciare il padrone da solo a solo col prete, trovò il maggiordomo che s'indugiava nella sala vicina.
      - Or come sta il padrone? quegli le chiese.
      - Sta con don Giacinto e si confessa. Usciamo tutti di qui, e non si lasci entrar nessuno.
      - Io mi fermerò, e non entrerà alcuno; disse il maggiordomo preoccupato; e, uscita la vecchia, in prima egli si diede a passeggiare per la camera, rallentando di tratto in tratto il passo, per finire a fermarsi poi del tutto in un angolo della sala, raggruppato in un atteggiamento che significava la più profonda concentrazione in un pensiero unico.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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