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      Il marchese Recalcati, se per le molte circostanze sorvenute era disposto a lasciar corso liberissimo alla giustizia senza riguardi obliqui per nessuno, e nel bisogno a parlare anche in Senato, dove il capitano spesso era chiamato e sentito; non però aveva mai avuto gran voglia di comunicare una velocità straordinaria all'andamento del processo. La sua natura onestissima era pur sempre alle prese con quella sommessa deferenza ch'egli sentiva per chi voleva virare il naviglio in modo, che finisse per perdersi in alto mare, lontano dalla vista del pubblico.
      Ma l'esame fatto alla contessa Clelia V..., le franchissime parole di lei, le calde sue sollecitazioni raddoppiarono la sua onestà e scemaron la deferenza ch'egli avea per altri. Però venne in pensiero di dar corso più rapido al processo, e a tal fine volle, che il secondo cameriere venuto a Milano col causidico praticante Benaglia dovesse comparire in giudizio quel dì medesimo, senza attendere il giorno successivo; e siccome l'ora erasi fatta tarda, così dispose che l'esame si avesse a fare dopo i vespri a chiaro di lucerna, e gli esaminatori dovessero, al bisogno, vegliar la notte perchè «col sorgere del sole (togliamo queste parole dal processo) qualche lume di verità dovesse rischiarare la casa della giustizia».
     
     
      IX
     
      Per l'ora prima di notte fu dunque invitato a comparire innanzi al signor capitano di giustizia, come testimonio contro il costituito Suardi, detto il Galantino, il già cameriere nell'albergo dei Tre Re, Cipriano Barisone.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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