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      Tuttavia, se mai capitava ch'egli avesse qualche lira tra le mani, le guadagnava al giuoco delle carte nel quale aveva sempre ragione, e quando non era la fortuna, egli stesso faceva le parti di lei.
      - Spiegatevi meglio.
      - È presto spiegato: s'egli faceva il mazzo, le buone carte eran sempre le sue, e in ciò nemmen chi giuoca ai bussolotti in piazza poteva essere più svelto di lui.
      - Ma conoscendo questo, perchè avete continuato a giuocare con esso?
      - Che cosa vuole? ci sono a questo mondo de' buoni semplicioni coi quali non si vuol aver a che fare per la ragione dell'antipatia. Parimenti vi sono de' mariuoli che più te ne fanno, più ti innamorano di loro. E il lacchè era uno di questi... Ci rubava i punti, faceva scomparir le carte, ci mangiava il boccon migliore, talvolta ci portava via qualche camicia, qualche calza... che so io.... e tuttavia, quando non lo si vedeva a comparir all'osteria, si pareva senza una mano... Era pieno di piacevolezze, di pazzie, di invenzioni... e perfino il padrone dell'albergo che è un uomo col viso sempre aggrondato e che non ride mai, arrivava a domandar conto di quel briccone se passava una giornata senza vederlo. In quanto a me però, ultimamente, ne avrei fatto anche senza.
      - Or dunque, venendo al fatto, quando fu l'ultima volta che voi avete giuocato seco all'albergo dei Tre Re?
      - L'ultima volta fu la domenica grassa.
      - Come potete provarlo?
      - Provarlo? colla buona memoria... io non ho altro... perchè mi ricordo benissimo come se fosse adesso, che la domenica grassa ho giuocato con lui, ed era quasi la mattina del lunedì... E il far tanto tardi non succede che in tali giornate di gran faccende.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





Tre Re