Il Galantino, benchè fosse di bronzo, non potè a meno di commuoversi a quelle parole, e fu una sua fortuna s'egli era illuminato dalla fiamma della lucerna piuttosto che dai raggi del sole; si ricompose però sull'istante, come un cavaliero, fatto piegare indietro da una lancia, che tosto si rimette in sella; e rispose con asprezza:
- Non sarà mai vero che alcuno possa dire, ch'io mi trovassi a Milano la domenica grassa. Torno a ripetere ch'io andai a Venezia otto giorni prima. E quegli che a loro signori avesse detto il contrario è un bugiardo infame.
L'attuaro tacque un momento, poi disse ad un usciere:
- Fate entrare il testimonio.
L'usciere entrò col Cipriano Barisone cameriere.
Il Galantino, che nel frattempo aveva almanaccato per indovinare chi mai poteva essere venuto a deporre in giudizio contro di lui, e quasi erasi accostato al vero, si trovò parato a sostenere la prima vista del cameriere Cipriano, e tanto che, dalle difese, con una sfrontatezza senza uguale, passò alle offese.
- Ah è costui, disse, quegli che viene a inventar fandonie per farmi danno. Ma non mi fa meraviglia. No... È naturale... però bisognava essere un birbone come lui. Sappiano dunque loro signori che costui ha parlato per vendetta... perchè più volte ha detto che volea vendicarsi di me... Or di' un po' tu se questo non è vero, o ribaldo.
L'attuaro, assalito anch'esso e sorpreso da quell'inattesa franchezza del costituto:
- È vero, chiese al Barisone, che voi avete potuto dire altre volte di voler vendicarvi di lui?
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