Anche ai pittori è malagevole più che mai il far ritratto della beltà femminile adolescente; forse perchè presenta il fenomeno d'un'assidua ineguaglianza.
Ma nel punto che questo lavoro ineffabile della natura artefice bacia il volto della fanciulla compagna, lungi da Milano, a Bologna, in una delle aule assegnate alla facoltà matematica, la laureata contessa Clelia V..., seduta nella cattedra, sta leggendo ad un uditorio di trentacinque giovani studenti le seguenti parole:
«Galilæus ad Magni Verulamii votum deterso scholarum situ veterum geometrarum severitate ratiocinari homines edocuit, et quadam veluti expeditione in lunam, venerem, solem, jovem, et fixas usque feliciter absoluta, ad reformandam physicam et mechanicam delapsus genuina principia aperuit, quibus problemata motus omnia expedirentur, ecc.»
E intanto che la laureata contessa sta recitando la sua prolusione, a Monaco, nella casa vicina al teatro, il tenore Amorevoli, in variopinta veste da camera, sta scorrendo questo brano di lettera del signor Bruni, marito della signora Gaudenzi, il quale brano dice così:
«Lasciando per ora il discorso della mia Gaudenzi, che ha fatto furore a Napoli, quantunque, per verità, non sia più giovane, vi dirò che essendo io venuto a Milano per trattare con questi signori interessati all'appalto del regio Ducale Teatro la scrittura di mia moglie pel prossimo carnevale 1766-67, ho raccolte le notizie che m'avete raccomandato. La fanciulla è tra le educande del monastero di san Filippo Neri, e porta il nome del conte V..., e come tale anzi fu collocata colà; il conte che vive ancora qui, ha fatto causa per declinare la legittimità di detta sua figliuola.
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