Ma un dì gli giunse la notizia che il lacchè Suardi era stato rimesso in libertà per mancanza di prove legali, e per avere, anche sotto la duplice prova della tortura semplice, costantemente respinta ogni accusa. Il Rotigno respirò, com'è ben naturale, e per tal fatto gli si mise una tale bonarietà nel sangue e s'atteggiò a tanta condiscendenza, che quando il fratello Rocco, che spendeva più di quello che guadagnava e che trovavasi in qualche disordine commerciale, gli propose d'entrare secolui in una impresa, che doveva essere lucrosissima, purchè egli fosse disposto ad esporre alla fortuna la metà almeno de' suoi capitali, egli vi annuì senz'altro.
Codesta impresa così vantaggiosa era appunto l'accessione che egli, il Rotigno, come altro de' socj, doveva fare alla Ferma generale del tabacco, sale e merci, ecc., istituita dal conte Pallavicini. L'anno 1750 era in sullo scorcio quando i tre fermieri generali Greppi, Pezzolio e Rotigno vennero a trattare i patti col ministro plenipotenziario. Entrava l'anno 1751 quando i loro nomi furono pubblicati quali assuntori dell'impresa. E in quel torno appunto il Suardi s'era, dopo sette mesi di detenzione, trovato sotto il libero cielo.
Questi fermieri, intanto che scadeva il termine imposto dall'abolizione delle regalie, e prima d'entrare, a così dire, in carica, si trovarono aver bisogno d'un gran numero d'impiegati, di commessi, di esattori, ed anche di socj ausiliarj, i quali, congiungendosi ad essi con qualche piccolo capitale, ricevessero da' fermieri principali un salario congruo e una data quota sugli utili annui.
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