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      E dalla musica e dall'estetica delle mani egli passava a parlare col Larghi, schizzando spirito e bile in qualche fuggitiva questione di letteratura e poesia; anche qui alzando la sonora sua voce a far tacere quanti parlavano nella sala, i quali, sebbene conoscessero quella sua abitudine bizzarra, si mettevano in grave apprensione, non fosse mai per impegnarsi qualche lotta violenta e scandalosa. Soltanto tra Parini e Pietro Verri i ragionari correvano in un modo speciale. Quel venerabile vecchio Bruni, che abbiam conosciuto a Pusiano, e che fu per noi il libro parlante che più ci istruì intorno a buona parte delle cose già descritte, ci disse più volte, parlando di Parini e Verri coi quali e tra' quali si trovò sovente, ch'eglino si stimavano assai vicendevolmente, ma si temevano forse più di quello che si amassero, e che però ei sarebbe stato disposto a credere, frugando in fondo a' penetrali della coscienza di ambidue, che qualche spruzzo di celata antipatia avesse leggermente inacidito il loro sangue. Parini primeggiava, e, avea il diritto di primeggiare. Verri voleva primeggiare, e ne avea il diritto. Era dunque invidia, era gelosia?... chi lo sa?... Ma anche gli uomini più intemerati e santi sono uomini; e non ponno frugar ne' cuori de' benemeriti mortali se non gli acuti contemporanei che hanno potuto leggere attentamente ne' loro occhi. Or mentre Parini tuonava, il conte Verri era impegnato in un discorso colla marchesa Ottoboni, alla quale proponeva, essendo essa letteratissima, di tradurre il teatro francese applaudito, e segnatamente le ottime commedie di Molière, per tentare in tal guisa di purgare anche il teatro comico a Milano dalle scipite laidezze ond'era contaminato, chiamando così il Verri in ajuto delle sue idee innovatrici l'opera altrui; applicando la sua immensa attività a infondere vita nuova a tutto quello che invocava una riforma nella sua patria, e amando che fosse applicato a sè quel passo di Sofocle:


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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