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      ... Come mai dunque ha potuto passarsela netta, senza che nessuno pensasse a lui, pur dal momento che si voleva andare in cerca di un rapitore qualunque della fanciulla? che si conoscevano le sue abitudini libertine, e l'audacia sfrontata onde solea valersi anche in quelle tresche che per lui non erano che un divertimento dagli affari; che, ed è il più, a tutti era noto aver esso abitazione, giardino e deposito di mercanzie in luogo attiguo al monastero di San Filippo Neri? Dare a questa domanda una risposta che sia l'espressione del vero non è possibile; ma volendo pur arrischiare un'opinione, ci parrebbe di poter dire che il pubblico d'allora, il quale, come quello di tutti i tempi, talvolta è capriccioso al pari di un ragazzo, di quel personaggio eteroclito del Galantino aveva tanto parlato e straparlato; lo aveva accusato, manomesso, vituperato, maledetto in tanti modi e a tutte l'ore, che oramai era quasi sazio di occuparsi di lui. Così vediamo qualche fanciullo dimenticare in un angolo della camera da giuoco il fantoccio col quale s'era scapricciato a strappargli testa, braccia e gambe sotto gli occhi stessi dell'ajo; ma di soppiatto poi farsi a rompere un prezioso oriuolo per vedere com'è fatto di dentro. Che che ne sia, il pubblico vuol variare le vittime; talvolta, stanco di percuotere i tristi passa a maltrattare i buoni. La storia d'Aristide rimane sempre là ad ammonirci di questo fenomeno perpetuo.
      Or tornando al Galantino, se il pubblico non pensava a lui, pensava ben egli a se stesso, e più seriamente che non avesse mai fatto in tutta la vita.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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