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      Cos'è dunque questa paura che mi assale tutt'a un tratto? Non sono io più il Suardi di una volta? Non sono or forse in possesso di quella ricchezza colla quale si rimedia a tutto e si fanno tacer tutti? Coraggio dunque, e avanti. Mi fa ridere questa contessa orgogliosa... perchè se vuol bene alla sua figliuola, bisognerà pure che per forza o per amore ella venga a patti con me. Mi fa ridere quel signor capitano di Giustizia col suo bando! Un po' d'unto alle mani di qualche senatore, un po' di unto alle mani di qualche barigello... Senatori e barigelli!.. va benissimo! quand'io mi sono assicurato di chi dà gli ordini e di chi li eseguisce, mi pare che non mi rimanga null'altro a fare. La mia cassa rigurgita di ducati e di talleri di Carlo VI. Coraggio dunque, e non ci si pensi più.»
      E il Galantino, sebbene tanto perspicace, non arrivava a comprendere che quella ricchezza medesima, che gli pareva un'arma onnipotente, era la vera cagione de' suoi insoliti timori. Egli nuotava nell'oro, e perciò, data l'ipotesi di un passo falso e di una caduta, aveva da perder troppo. Il coraggio intero e sfrontato lo ebbe quando nel mondo nulla aveva da perdere e tutto da guadagnare. Allora procedeva sicuro e colla forza invincibile dell'istinto che lo sollecitava a ghermir la fortuna in qualunque modo.
      Mezz'ora dopo del Suardi si rimise in viaggio anche la contessa, che entrò in Milano per Porta Romana un paio d'ore innanzi sera, discendendo poco dopo alla casa Pietra.
      Nella sala di ricevimento, impegnata in gravi discorsi con donna Paola, stava da qualche ora la Gaudenzi la quale aveva condotto seco l'unico suo figliuolo.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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