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      Il Galantino non aveva mai vista che la severità la più arcigna nella bellezza solenne della contessa; onde quel sorriso gli fece un senso nuovo e gradito.
      - Jeri, continuò la contessa, un uomo stimabile mi parlò di voi lodandovi.
      - Di me?
      - Di voi... e mi disse che molti sventurati hanno benedetta la vostra carità.
      - Io non so...
      - Lo sapete e ne dovete sentire una gran compiacenza. Ah... io vi prego dunque di continuare in questa vostra bella disposizione d'animo. Pensate che è una madre che ha perduta la sua unica figliuola quella che vi prega. Ditemi dunque tutto sinceramente; io non proferirò parola per lamentarmi. Quel ch'è stato è stato. Foste voi dunque a levarla dal convento? Ditemi tutto, tutto.
      Dopo una pausa significantissima:
      - Io no, rispose il Suardi, quantunque l'avrei voluto.
      - Voluto, ma come voluto? Io vi comprendo meno ancora di prima. Voluto?...
      - Sì... perchè...
      - Perchè? dite.
      - Quando io ci penso, contessa, quasi non posso crederlo a me medesimo; ed ora ascoltatemi, ma senza andare in collera.
      - Che?...
      - Io sono perdutamente innamorato della vostra figliuola.
      - Ah!! e la contessa mandò un respiro affannoso, e torse lo sguardo dal Galantino.
      - Con ciò vi sia spiegato l'interesse che mi son preso per la disgrazia avvenuta alla vostra figliuola, e l'essermi potuto dimenticare dell'ingiuria che mi avete fatto, e della posizione orribile in che mi avete posto. Con ciò potete credere alle mie parole, e vivere sicura che tutto quello che ho fatto per venir sulle tracce della vostra figliuola, non l'ha fatto nè il Senato, nè il Capitano, nè altri, ad onta dei loro bandi e di tante guardie mandate dovunque.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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