Pagina (703/1507)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Tuttavia noi non crediamo di offenderla, perchè, avesse ella pure avuta in addietro questa geniale tendenza, e che vuol dire perciò? Non sempre si deve creder nell'allegria di coloro che sembrano allegri; spesso l'uomo da cui più scoppietta la facezia, è il più melanconico di tutti: talvolta è un modo tutto suo di salvarsi dalla pressura dell'affanno. Chi più si tuffa nell'onda di Lieo, creperebbe d'amarezza se non esilarasse con esso il percosso ingegno. Ci fu un savio che quando vedeva taluno ebbro più del solito, e per gli effetti dell'ebbrezza intento a tenere in giocondità la brigata: Dio sa quanto costui ha sofferto! pensava tra sè, e convertiva in pietà quel primo senso di gajezza che in lui destava la presenza dell'uomo eccitato dai vapori del vino.
      La città nostra sotto il martello di Uraja, nell'eccidio del Barbarossa, in mezzo ai cani di Bernabò, nei tradimenti onde abortì il triennio decorso dall'ultimo Visconti al primo Sforza, fra i pidocchi dei lanzichenecchi e le atroci guasconate dei gendarmi dei re di Francia, quasi a dare uscita all'affanno che minacciava di scoppiarle di dentro, ebbe sempre pronto l'aculeo della sua strofa vernacola che celò il pianto sotto alle risate gioviali e sonore; e lo celò al punto che quasi parve indifferente alle vecchie ingiurie, ai dolori nuovi, alle minaccie del peggiore avvenire; e forse fu allora che cominciarono a tenerla in basso conto quelli che, non sapendo che piangere come fanciulli battuti, non riuscivano a comprendere come si possa bere la cicuta ironicamente ridendo come Socrate.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





Lieo Dio Uraja Barbarossa Bernabò Visconti Sforza Francia Socrate