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      Da queste riflessioni il celebre verso d'Alfieri potrebbe dunque ricever l'ultimo e il più vero suo commento, e l'insulto di Foscolo verrebbe a ribadire il frons prima decepit multos di Fedro. A ogni modo, nel secolo passato l'allegria della nostra città era sulla sua superficie com'era nelle sue viscere. Ella si era dimenticata delle sue antiche miserie, e non viveva in timore d'un peggiore avvenire. S'era adagiata sul triclinio in pace, e non attendeva che a darsi buon tempo. Ma tutta l'Italia e tutt'Europa facevan lo stesso. Venezia bella pareva non voler più ricordarsi di Venezia forte. Parigi tripudiava come una baccante ubbriaca, eppure se ancor non le muggiva il vulcano dappresso, già ne usciva il fumo dal cratere. Ma è codesta una condizione inevitabile così dei popoli come degli individui, di non pensar più alle cose serie, nel punto stesso che lor si stanno maturando i gravi avvenimenti. Ed ora ritornando donde siamo partiti, alcuni fra quelli che più avevano schiamazzato sotto al balcone a cui dovettero affacciarsi donna Clelia e donna Ada, entrarono nella casa e domandarono di poter parlare alla padrona. Erano alcuni priori di maestranze che chiesero, affermativamente, ben s'intende, di festeggiare nell'occasione della prossima vigilia di san Pietro il ritorno della contessa, e il felice ritrovamento della sua figliuola. Noi crediamo che la contessa avrebbe volontieri fatto senza di quella pubblica dimostrazione, e probabilmente anche il conte; ma non essendo di prammatica il rifiutarsi, perchè il rifiuto non significava che il desiderio di risparmiare quel migliajo di zecchini, di cui tante quote entravano in quante erano casse di maestranze; espressero a quei bravi maestri operaj, colla consueta fraseologia della modestia di convenzione, la loro gratitudine; e si chiamarono assai felici, quantunque non meritevoli, di essere tanto onorati.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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