La fortuna però volle che, dopo essere stata la città continuamente in forse fin oltre al tramonto sulle mutazioni del cielo, al segno che alcuni pensavano per fino di trasportare al dì dopo, e di pieno giorno, e nell'interno della casa la loro quota di giubilo da consumarsi a pranzo; verso un'ora di notte un venticello inaspettato rendesse affatto sgombro il cielo; e la luna fosse pronta al suo posto, e le stelle popolassero il firmamento. Onde tornò la lena ne' petti, e giacchè le cene dovevano incominciare al tocco della mezzanotte, quelle ore intermedie si impiegarono nell'apparecchiar la tavola fuori delle porte di ciascuna casa, ed a metter la facciata delle case in quella maggior gala che era consentita dalla condizione dei padroni e degli inquilini. E venne anche la mezzanotte. E allo scampanamento che si fece sentire, com'era di pratica, agli orologi pubblici, tutta la città si mise a tavola, senza che fosse più incomodata da cavalli, da carri, da carrozze, perchè era severamente proibito a chicchessia d'uscire a quel modo nè per diporto nè per bisogno; rimanendone il privilegio a coloro soltanto per cui si faceva la festa; i quali anzi, qualche tempo dopo lo scocco della mezzanotte, dovevano per consuetudine fare il giro di quasi tutta la città in carrozza. Così dunque le carrozze di casa V... e quelle di casa Crivello si misero in movimento, allorchè qualche bottiglia era già stata vuotata tanto alla tavola dei ricchi che a quella dei poveri.
Ed ora, se il nostro racconto fosse un poema, l'invocazione della Musa sarebbe indicatissima.
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Crivello Musa
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