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      Innanzi dunque alla porta di casa Imbonati, dove era distesa una lunga mensa che occupava tutta la sua fronte, dovette necessariamente arrestarsi la carrozza delle festeggiate. Su quella mensa v'eran tutti gli sfoggi della ricchezza che converte in eleganza, diremo intellettuale, anche le imbandigioni. Intorno ad essa erano seduti i più segnalati fra gl'ingegni di Lombardia. L'antica accademia dei Trasformati, sorta per la prima volta a Milano nel 1546, per opera di dodici letterati insigni, fra cui il Majoragio e il Gallerano, e in breve tempo venuta in gran fama in tutta Italia, aveva dovuto per l'avversa condizione dei tempi ammutire e spegnersi, nè per un secolo e mezzo non vi fu chi più tentasse a rinnovellarla. Soltanto nel 1743 il conte Giuseppe Maria Imbonati, in cui la squisitezza dell'ingegno era pari alla squisitezza dell'animo, avendo pensato di farla sorgere a nuova vita, per raggiungere questo intento si associò alcuni fra i più alti ingegni milanesi, ed aprì nella propria casa le aule per i convegni de' socj. Gli statuti dell'accademia antica avean dato ai trattenimenti più ampio cerchio di quello che comunemente allora era adottato; onde non solo s'era occupata di letteratura amena, ma aveva dato opera anche alla filosofia morale ed alle altre scienze.
      La nuova società inaugurata da Giuseppe Imbonati si propose dunque i medesimi scopi, ed anzi ne allargò la sfera, e tosto divenne celebre per gli uomini eminenti che furono ascritti ad essa. A quella mensa sedevano Pietro Verri, Gian Rinaldo Carli, il Tanzi, Cesare Beccaria, il professore Teodoro Villa, Paolo Frisi, Giuseppe Parini, il conte Giorgio Giulini, il Quadrio, il Baretti, e vi sarebbe seduto anche colui che dalla bontà prodigiosa del cuore sembrò aver attinto l'ingegno, vogliam dire Gian Carlo Passeroni, ma in quel tempo viveva a Colonia qual segretario di monsignor Lucini, nunzio apostolico presso gli elettori e principi pel circolo del Basso Reno; vi sedeva il poeta Balestrieri, il successore del più grande Maggi: il Fogliazzi, il Guttierez, ed altri molti.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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